Come riusciamo a distinguere un profumo tra tanti odori

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 18 aprile 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Un aspetto straordinariamente affascinante della nostra percezione è la capacità che abbiamo di riconoscere un singolo stimolo sensoriale in un insieme che appare fuso e omogeneo, e tanto più si fa interessante quando si tratta di gusto e olfatto che, rispetto a vista e udito, godono di un minore apporto di processi coscienti di discriminazione. Si pensi alla capacità di alcuni, con un piccolo assaggio di un piatto elaborato e ricco di ingredienti, di riconoscere la presenza di una particolare spezia, magari giudicandone la proporzione; e l’ancora più stupefacente capacità di individuare una particolare essenza in una miscela di molecole odorose.

 Chi scrive ha assistito, in un laboratorio di profumi artigianali, al riconoscimento ad uno ad uno, col semplice olfatto, dei componenti di un profumo industriale. Questa straordinaria abilità esercitata è generalmente studiata scomponendo analiticamente la percezione olfattiva negli eventi molecolari innescati da ciascun odorante, ma è evidente che la realtà quotidiana degli odori, da quello sgradevole dell’immondizia alla fragranza di una raffinata colonia, ci propone sempre miscele di sostanze aromatiche diverse. Proprio il modo in cui questa ordinaria complessità è risolta dal nostro olfatto è stato studiato alla Columbia University da Lu Xu, Wenze Li e colleghi coordinati da Stuart Firestein.

Prima di riferire delle interessanti conclusioni cui sono giunti i ricercatori della prestigiosa università newyorkese, riprendiamo alcuni concetti utili per introdursi alle questioni indagate dai nuovi studi.

Anche se nella descrizione scolastica degli eventi molecolari innescati da un’odorante nella sua interazione con un recettore si rappresenta una trasmissione lineare al cervello di informazioni secondo un particolare codice, la complessa realtà della percezione olfattiva nei suoi aspetti fondamentali è nota fin dagli studi che valsero a Richard Axel e Linda B. Buck il Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina nel 2004[1]. Rimandando alla lettura integrale di un nostro recente aggiornamento per una sintetica introduzione alla fisiologia dell’odorato umano[2], estraiamo da quel testo solo il brano seguente:

“La percezione distinta di ciascun tipo di aroma o profumo richiede un grandissimo numero di recettori diversi, ciascuno dei quali risponde solo a un piccolo insieme di odoranti.

La fenomenica reattiva è complessa, ma si può schematizzare in tre proprietà: 1) un recettore può rispondere a più di un odore e, spesso, a composti di più di una classe chimica (ad esempio: aldeidi e alcoli); 2) un singolo composto odoroso può attivare più di un tipo di recettore; 3) non tutti i recettori attivati da un odorante reagiscono con la stessa intensità. Queste proprietà, prese insieme, indicano un repertorio di recettori con profili di caratterizzazione degli odori in parte sovrapposti.

Negli ultimi vent’anni si è andata affermando l’idea che il profilo identitario di un odore è ottenuto mediante un codice combinatorio delle informazioni originate da recettori con differenti “sintonie” per le molecole odorose (combinatorial odor code)[3]. Gli studi degli anni recenti hanno confermato questa teoria.

Numerosi esperimenti hanno dimostrato che l’informazione generata da centinaia di differenti tipi di recettori deve essere organizzata per raggiungere un alto livello di discriminazione olfattiva. La sensibilità del sistema sembra derivare dalla capacità dell’apparato di trasduzione olfattiva di attuare un’efficace amplificazione e una rapida interruzione terminale del segnale. Sappiamo che il riconoscimento del composto odoroso avvia la cascata del secondo messaggero che porta alla depolarizzazione del neurone e alla genesi dei potenziali d’azione. È anche noto che la stimolazione prolungata o ripetitiva innesca processi di feedback negativo che danno luogo al fenomeno dell’adattamento, che permette di non essere più disturbati dal lezzo, se si è costretti a permanere in un luogo maleodorante, e a ridurre la capacità di percepire il profumo dei fiori se si sosta in una serra o in un prato fiorito, fino allo stimolo dato dal cambiamento d’aria”[4].

Il gruppo di Stuart Firestein, seguendo la tradizione della scuola neuroscientifica della Columbia, ha sfidato l’ortodossia che demandava quasi esclusivamente alla corteccia la definizione di pattern complessi di analisi e sintesi delle informazioni originate dalla realtà composita delle molecole volatili che interessano la chemorecezione olfattoria, e ha individuato aspetti della fisiologia del primo livello percettivo all’origine della discriminazione di un odorante fra tanti.

(Xu L., et al., Widespread receptor-driven modulation in peripheral olfactory coding. Science 368 (6487): eaaz5390, 10 Apr. 2020).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Biological Sciences, Columbia University in the City of New York, New York, NY (USA); Laboratory for functional Optical Imaging, Departments of biomedical engineering and Radiology, Zuckerman Mind Brain Behavior Institute and Kavli Institute for Brain Sciences, Columbia University in the City of New York, New York, NY (USA).

La potenza discriminativa dell’olfatto umano – si pensi al nostro Uomini che fiutano una pista come cani[5]– è decisamente sottoutilizzata al giorno d’oggi, ma evidenze sperimentali hanno dimostrato che ha pochi rivali nel regno animale, con la sua capacità di individuare milionesimi di milligrammo di piccole molecole odorose. Almeno in parte, queste prestazioni sono garantite da una grande famiglia di recettori accoppiati a proteine G (GPCR) espressi in neuroni sensoriali olfattori specializzati distribuiti nell’epitelio che riveste la parte profonda della cavità nasale. Come è noto, ciascun neurone esprime solo uno dei circa 1000 geni che codificano i recettori, e si ritiene che l’attivazione di sottoinsiemi di questi recettori da parte di ogni odore si traduca in un codice che può essere letto dalle strutture cerebrali di più alto grado di integrazione, creando l’effettiva percezione. Come per i colori spettrali nella percezione visiva, lo stimolo olfattorio puro esiste solo virtualmente e, come si diceva prima, nella realtà facciamo sempre esperienza di miscele di odoranti: il profumo del caffè, così come si diffonde da una tazzina fumante, contiene più di 800 molecole volatili in grado di stimolare la chemorecezione olfattoria.

Il gruppo di Stuart Firestein presso la Columbia University, per comprendere come il sistema olfattivo codifica questa informazione complessa, ha esplorato il modo in cui i neuroni sensoriali specializzati all’interno dell’epitelio dell’olfatto del topo rispondono a una serie di saggio di miscele di odori. L’analisi è stata effettuata grazie all’impiego di un nuovo metodo di imaging tridimensionale (3D) ad alta velocità denominato microscopia SCAPE (da Swept Confocally Aligned Planar Excitation), che consente il monitoraggio parallelo delle risposte di migliaia di singoli neuroni all’interno dell’epitelio olfattivo intatto, durante il cimento ripetuto con le miscele di odoranti realizzate per gli esperimenti.

Il fondamento razionale di questo lavoro è originato dalla valutazione degli studi precedenti che, usando singoli odori monomolecolari, hanno suggerito che le diverse espressioni dei recettori nelle cellule sensoriali specializzate OSN siano in grado di fornire rappresentazioni non ambigue di ciascuno stimolo testato. Tale procedura non consente di capire come possa il cervello estrarre un singolo odore da miscele caratterizzate, come nella realtà, da pattern simultanei e parzialmente sovrapposti. Inoltre, quando si fiuta una mescolanza di stimoli aromatici, è frequente la percezione di un elemento dominante, così come accade nella percezione uditiva di un accordo musicale, in cui la nota principale dell’accordo prevale sulle altre[6]. Con la procedura convenzionale non è possibile esplorare questi aspetti. D’altra parte, prove sperimentali psicofisiche hanno rivelato proprietà soppressive o di rinforzo esercitate da alcune molecole odorose sulle altre presenti in una miscela. In base a questi dati, i ricercatori hanno ipotizzato che tutte queste interazioni di codifica della percezione olfattiva non avvengano esclusivamente nel cervello, ma una parte degli effetti prodotti dalla presenza simultanea di tante molecole odoranti possa interessare il processo di rappresentazione degli stimoli al livello dell’epitelio sensoriale.

Consideriamo ora i dati emersi dalla sperimentazione.

Il monitoraggio dell’attività di singole cellule all’interno di un grande volume di epitelio olfattivo di topo è stato ottenuto con l’imaging delle proteine fluorescenti sensibili al calcio mediante microscopia SCAPE.

Analizzando le risposte di migliaia di singoli neuroni a miscele di non più di 3 odori, Firestein e colleghi hanno scoperto una serie di sorprendenti interazioni che modificavano la rappresentazione della mistura rispetto alla somma combinatoria di risposta a odoranti isolati.

Tra le otto molecole aromatiche chimicamente distinte sottoposte a test, i ricercatori hanno rilevato, ad esempio, che la presenza di un odore poteva sia accrescere che sopprimere la risposta di un neurone a un altro odore, anche se lo stimolo odoroso modulante da solo non avrebbe evocato la risposta di quel neurone. Questo genere di comportamento indica una prima importante proprietà: 1) una molecola priva di odore per una cellula OSN può modificare la percezione di una molecola che risulta odorosa; e poi una seconda: 2) la risposta di un neurone ad un insieme di odori può essere molto più grande o molto più piccola della risposta che questa cellula nervosa può presentare alle singole molecole aromatiche che compongono quell’insieme.

L’analisi funzionale ha mostrato chiare evidenze di agonismo, antagonismo, agonismo parziale e potenziamento rilevabili al livello dei recettori. Tale rilievo suggerisce l’esistenza di un ricco repertorio di meccanismi di modulazione recettoriale, in precedenza inimmaginabili.

Infine, i ricercatori notano che il potenziamento di risposta che hanno rilevato suggerisce l’esistenza di un sito allosterico di modulazione, un raro reperto nella classe A dei GPCR, che legano solo piccole molecole.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-18 aprile 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 

 



[1] Note e Notizie 06-10-04 Premio Nobel a Richard Axel e Linda B. Buck per la genetica e la fisiologia dell’olfatto.

Dalla motivazione del premio: “Il senso dell’odorato è rimasto a lungo il più enigmatico dei nostri sensi. I principi di base per il riconoscimento e il ricordo di circa 10.000 odori diversi non erano compresi […] Fino agli studi di Axel e Buck il senso dell’odorato era un mistero”.

[2] Note e Notizie 29-02-20 Olfatto perfetto senza bulbo olfattivo. Si raccomanda la lettura di questo aggiornamento a tutti coloro che non l’abbiano già fatta.

[3] Malnic B., et al. Combinatorial receptor codes for odors. Cell 96 (5): 713-723, 1999. L’articolo, che ha come senior author Linda B. Buck, espone l’interpretazione sviluppata anche grazie al lavoro di Richard Axel, che porterà entrambi al Nobel cinque anni dopo.

[4] Note e Notizie 29-02-20 Olfatto perfetto senza bulbo olfattivo.

[5] Note e Notizie 03-02-07 Uomini che fiutano una pista come cani.

[6] Ad esempio, nell’accordo di Do maggiore (do-mi-sol) il Do prevale sulle altre note.